Più della stampa sul finire del XV secolo, è stato il passaggio dalla pergamena ai primi libri copiati a mano, attorno al 1200, a cambiare il mondo. Così scriveva Ivan Illich, uno dei più originali e lucidi pedagoghi della modernità, nel suo saggio La Vigna del testo, in cui ricostruisce il momento in cui l’occidente […]
Più della stampa sul finire del XV secolo, è stato il passaggio dalla pergamena ai primi libri copiati a mano, attorno al 1200, a cambiare il mondo.
Così scriveva Ivan Illich, uno dei più originali e lucidi pedagoghi della modernità, nel suo saggio La Vigna del testo, in cui ricostruisce il momento in cui l’occidente sorpassò l’oriente.
Il motore di quel passaggio, spiega Illich, fu la portabilità. Ossia la possibilità di un individuo di disporre in qualsiasi momento e luogo delle fonti del suo sapere.
Con i primi libri che passavano di mano in mano, e che si potevano leggere al lume di candela, nasceva una nuova figura sociale, l’artigiano-commerciante, che poteva verificare direttamente la legittimità delle decisioni e le rivelazioni su cui le autorità civili e religiose fondavano il proprio potere. Iniziava così quel lungo processo di disintermediazione che oggi ci consegna il profilo di un individuo che, come scrive nel suo ultimo saggio Noi soggetti Umani, Alan Touraine, si pone da pari a pari con lo stato.
Oggi Ivan Illich, probabilmente, avrebbe prolungato il suo ragionamento, spiegando che l’evoluzione sociale attraversa una nuova ulteriore fase di accelerazione di questi fenomeni di potenziamento dell’individuo, con l’avvento dei nuovi telefonini intelligenti, che rendono portabile per ogni singolo utente l’intelligenza artificiale.
Siamo infatti dinanzi ad una nuova transizione della specie: dallo smartphone al brainphone, una trasformazione che, inevitabilmente, produrrà nuove geometrie di potere e una diversa articolazione sociale, innestando cambiamenti non meno spettacolari di quanto accadde circa mille anni fa.
In poche settimane i principali produttori di cellulari hanno presentato i loro nuovi prodotti: Apple mira a consolidare il suo primato con l’iPhone X; Google annuncia il Pixel 2XL, Huawei, forse il brand più popolare, propone per la prima volta un modello di alta gamma, il Mate 10Pro, e infine Samsung, il globalplayer dei produttori, presenta il Note 8.
Tutti i nuovi terminali hanno in comune una caratteristica che li rende del tutto diversi dai modelli che abbiamo oggi in tasca: sono tutti conduttori di intelligenza artificiale.
Proprio il termine “conduttori” spiega la trasformazione in atto: i telefonini diventano terminali di un cervello dotato di una potenza di calcolo imparagonabile ad ogni singolo dispositivo digitale che oggi era accessibile ad un normale cittadino. Diventa a questo punto decisivo capire se questo cervello ha un unico controllore o può essere riprogrammato dall’utente. E’ il solito quesito che si pone all’indomani di ogni test di Turing, in cui si misura la potenza della nuova macchina che affianca l’uomo: chi controlla chi?
I nuovi brainphone, che pure sono dotati di mille accessori che li rendono una vera e propria media company in miniatura, affidano il loro valore aggiunto alla possibilità di essere dei veri cervelli elettronici tascabili. In sostanza, per tornare a Ivan Illich, di rendere la potenza di calcolo portabile. La prima considerazione su cui riflettere è che questo potenzialmente metterà al centro di ogni nostra attività il sistema operativo del telefonino che grazie al suo ormai inseparabile agente intelligente (Siri, Cortana, Google Now, ecc) tenderà a sovrapporsi alle singole app, per poi assorbirle e sostituirle. Stiamo infatti andando verso uno scenario, misurabile nei prossimi 18/24 mesi, in cui le nostre attività non saranno più gestite e organizzate da diverse applicazioni, ma da un unico centro intelligente a cui potremo rivolgerci per avere i singoli servizi che oggi vengono svolti dalle stesse app. Lo schermo dei telefonini sarà sgombrato dal caleidoscopio di icone che oggi ci segnalano l’attivazione delle varie soluzioni inventate da aziende o singoli professionisti e rimarrà a disposizione dei video che verranno scaricati. E’ un primo cambio radicale di prospettiva, che ci spingerà ad un rapporto monocratico con solo un unico centro servizi che organizzerà i nostri comportamenti.
La seconda considerazione riguarda proprio l’ingegneria del sistema.
I nuovi modelli di cui abbiamo parlato sono tutti dotati di una terza unità centrale intelligente, accanto alle due che tradizionalmente negli smartphone governano l’infografica e i video. Si tratta di una NPU (Neural Processing Unit) che svolge proprio le funzioni di un vero e proprio centro di calcolo avanzato, organizzando vere e proprie sinapsi neuronali. È un nuovo microchip che attiva le funzioni di intelligenza artificiale che ogni produttore inizialmente ha specializzato.
Apple ha indirizzato la nuova potenza del suo iPhone X in direzione del riconoscimento facciale, il cosiddetto face ID. Una funzione che non si limiterà ad abilitare il proprietario all’uso del terminale, ma comincerà a campionare le foto degli interlocutori, e scannerizzerà anche gli stati d’animo del titolare accumulando masse di dati che potranno assicurare al suo database un flusso di big-data per elaborare ulteriori assetti cognitivi, come ad esempio un continuo check sanitario dell’utente e una selezione e mappa dei suoi interlocutori.
Google, invece, qualifica il suo occhio intelligente con cui ha equipaggiato il nuovo Pixel2XL come un navigatore fra gli oggetti e le immagini che si interpongono ad ogni movimento del cellulare, che comincerà a riconoscerli e a documentarli, assicurando una sorta di pilota automatico per tutti i nostri spostamenti. Anche in questo caso si tratta di una prima attività basic , che verrà poi ulteriormente implementata con altre capacità, infatti tutti i modelli che abbiamo citato dispongono di un’unità chiamata Kirin 970.
Huawei punta più direttamente alle prestazioni della fotocamera, che potrà realizzare anche immagini in 3D, e Samsung gioca tutto sul riconoscimento istantaneo dei luoghi e degli scenari, inizialmente per fini turistici.
Ma, esattamente come fu nel 1200, la portabilità di queste potenze tecnologiche trasformeranno ogni singola funzione in un presupposto per infinite combinazioni. Il buco nero rimane il controllo, ovvero la programmabilità del flusso dei dati. La backdoor di ogni microchip, ossia la sua apertura a monte che connette il dispositivo al centro produttivo, dove conduce e che cosa veicola? In sostanza: i dati che verranno ruminati permanentemente da queste media company portabili dove saranno depositati e con chi li condivideremo? È la domanda a cui dovranno rispondere le istituzioni. Con la consapevolezza che questa è materia che non potrà essere regolata una volta per tutte. Il meccanismo è costantemente variabile, e muterà di struttura e significato velocemente. Dunque non una nuova legge ma una procedura che costringa ogni gestore di intelligenze a negoziare con i suoi utenti le forme del nuovo potere che ci mette fra le mani.
Nel Medioevo con il libro nacquero i nuovi imperi e le repubbliche marinare. Il dualismo si ripete oggi.
Michele Mezza
Direttore Scientifico di Pollicina Academy. Consulente e docente multimediale presso l’Università Federico II di Napoli. Giornalista RAI in pensione.
Consulta tutte le analisi di Michele Mezza

Non ci sono ancora pareri