Un laboratorio che pensa e che fa.
Pollicina
Il passaggio su mobile delle forme della comunicazione ci ha colto nel pieno di una faticosa assimilazione dei paradigmi della società della conoscenza.
La smaterializzazione delle categorie sociali ed economiche della tradizione industriale fordista non sembrava del tutto acquisita per molti versi rimaneva ancora sospesa la domanda che rimbombo da San Francismo il 24 gennaio del 1984 quando durante il superbowl Apple con lo storico spot di Riddley Scott presentò il mitico Mc2. Il quesito che quel filmato poneva era: il 1984 era un 1984. Chiara era l’allusione alla suggestione del grande fratello di Orwell.
Ora dopo 30 anni possiamo dire che la rete si propone indubitabilmente come una tecnologia di libertà, secondo la pionieristica definizione che Adriano Olivetti diede dell’informatico in un ormai atavico 1959. La rete è libertà ma non di per sè, solo perchè la rete raccoglie e rielabora la domanda di emancipazione e autonomia di milioni di individui che sollecitazioni soluzioni e linguaggi appunto di autonomia. Ma questo non basta. Sulla rete si sono formati nuovi poteri e pressanti condizionamenti che adottano lo straordinario strumento di coercizione che è l’intelligenza artificiale.
La relazione che ognuno di noi definisce sulla rete con i suoi simili viene formattata e configurata sempre da un algoritmo che orienta e condiziona il meccanismo cognitivo.
Questo dilemma – autonomia della rete potenza dei monopoli dell’algoritmo – oggi si ripropone nel tornante che ci conduzione dai network accessibili da computer a quelli degli smartphone, del mobile. Siamo ad un nuovo passaggio, traumatico, a gravido di straordinarie potenzialità.
In questo gorgo digitale crediamo che siano possibili cogliere nuove eccezionali opportunità per far prevalere l’istinto di emancipazione rispetto al rischio di subordinazione. Oggi è lo smartphone una tecnologia di libertà. Uno smartphone che abilita quella che Michel Serres definisce l’interattività del pollice rispetto a quella dell’indice tipica del computer. Per questo abbiamo adottato come brand e messaggio Pollicina, per ancorarci ad una grande intuizione che guiderà il nostro lavoro.
Quale lavoro? Di chi? E come?
Il lavoro della nostra Academy – Pollicina Academy sarà quello di concorrere ad un pensiero italiano della mobilità, a ricostruire un primato della conoscenza e delle competenze di una comunità che vanta i primi segmenti di pensiero non lineare con i grandi pensatori rinascimentali: Giordano Bruno, Pico della Mirandola, Niccolo’ Machiavelli. Un pensiero che sostenga e consolidi una elaborazione più soluzioni e linguaggi che diano al mobile spazio e potenza nel guidare i processi di autonomia e sovranità delle comunità territoriali. Proponiamo dunque un centro di ricerca e analisi di questo fenomeno con l’ambizione di diventare un vero linguaggio, un sistema forte del sapere sociale.
Con chi? Con chi sa e fa.
Puntiamo infatti ad ibridare i saperi forti- filosofia, sociologia, matematica, informatica- per ricostruire un’unità della conoscenza. Per questo cercheremo costantemente di connettere ricercatori, esorti, opinionisti, con imprenditori, tecnici, venditori. Vorremo riportare in campo una logica artigianale nel senso migliore: una figura che raccoglie e compone spezzoni di esperienze e di pensieri per fare. Saremo dunque un hub, uno snodo di confine fra impresa e ricerca, fra mercato e scienza.
Come?
Esattamente praticando e sperimentando l’oggetto della nostra attività: il telefonino. State leggendo questo testo su un telefonino, che si è collegato ad una piattaforma pensata per il mobile che è in se il nostro laboratorio. Il nostro primo prodotto. Il nostro slogan è infatti scenari digitati in mobilità, ossia costruire capacità di analisi e decifrazione della realtà mentre pratichiamo la nostra interattività del pollice.
A presto